Magnitudine

Magnitudine apparente

La magnitudine apparente (m) di una stella (in generale di un corpo celeste) è un indice di quanto ci appare luminosa nel cielo e trova la sua prima definizione sin dai tempi degli antichi greci.

Si pensa che a classificare le stelle in base alla loro luminosità sia stato per primo Ipparco, ma a diffondere questa classificazione fu sicuramente Tolomeo nel suo Almagesto. Si definiscono di magnitudine 1 (m = +1) le stelle più brillanti a occhio nudo, quelle brillanti la metà vengono dette di magnitudine 2 (m = +2) via via fino alla magnitudine 6 corrispondente, in condizioni di cielo perfettamente buio, al limite di visibilità a occhio nudo.

Tale sistema venne successivamente ridefinito nel 1856 da Norman Pogson, che poneva una stella di prima magnitudine (a volte è possibile trovare anche il termine, del tutto equivalente, “prima grandezza”) come 100 volte più luminosa di una di sesta magnitudine (o “sesta grandezza”).

La scala moderna, pur restando per motivi storici una scala decrescente (cioè a numero maggiore corrisponde una luminosità minore) non si limita più a 6 magnitudini, ma considera anche numeri più elevati corrispondenti a stelle non visibili a occhio nudo.

Formula di Pogson

L'equazione matematica della magnitudine apparente è attualmente definita dalla formula di Pogson:

\( m = - 2.5 \cdot \log{F} + C \)

dove F è il flusso misurato e C una costante.

Di norma il flusso è misurato solo in un intervallo dello spettro elettromagnetico, per cui si riporta un’indicazione della lunghezza d’onda a cui è stata fatta la misura. Ad esempio il simbolo "mv" indica una misura nella banda "V" (centrata a λ = 5510 Å).

La costante "C" è stata scelta in modo che la magnitudine apparente di Vega (α Lyr) sia pari a zero..

Il valore più basso della scala delle magnitudini apparenti è quello del Sole: m ≈ -26.7, mentre con i telescopi (a oggi) più grandi si possono misurare magnitudini apparenti fino a m ≈ 30.

Detta "L" l’energia elettromagnetica totale emessa nell’unità di tempo (luminosità) da una stella e "d" la sua distanza, il flusso misurato a Terra (F) è legato alla luminosità dalla relazione: 

\( F=  \frac{L}{4 \pi d^2} \)

Il flusso diminuisce col quadrato della distanza, quindi la magnitudine apparente non fornisce indicazioni sulla reale luminosità di una stella; stelle di pari luminosità poste a distanza diversa hanno magnitudini apparenti diverse. 

Poiché le stelle si comportano, con buona approssimazione, come dei corpi neri (un corpo ideale che assorbe tutta la radiazione incidente su di esso) la loro luminosità è data dalla formula di Stefan-Boltzmann

\( L = 4 \pi R^2 \sigma T^4 \)

dove R è il raggio della stella, T la temperatura della fotosfera in gradi assoluti (K) e \( \sigma (= 5,67 \cdot 10^{-8} Wm^{-2} K^{-4} )\) la costante di Stefan-Boltzmann:  

Il valore del flusso misurato dipende dallo spessore di atmosfera che la luce della stella deve attraversare prima di raggiungere il rivelatore, in quanto la radiazione subisce un "assorbimento" da parte dell’atmosfera. L’assorbimento dipende dall’altezza della stella sull’orizzonte e da caratteristiche del luogo di osservazione come l’altitudine o la temperatura dell’aria. Per rendere confrontabili le misure di magnitudini ottenute da osservatori diversi (o dallo stesso osservatore in momenti diversi) è necessario riportare i valori a quelli che si avrebbero sopra l’atmosfera. Le magnitudini che si trovano nei cataloghi, o se non si fa esplicito riferimento all’altezza sull’orizzonte, sono quelli che le stelle avrebbero se osservate fuori dall’atmosfera terrestre. 

Differenza di magnitudini

Date due stelle di magnitudine me m2(indicando con R, d e T il loro raggio, distanza e temperatura) vale la relazione:   

\(m_1- m_2= - 2.5 \log{F_1}+ 2.5 \log{F_2}= -2.5 \log{\frac{F_1}{F_2}} = -2.5 \log{\left( \frac{R_1^2 T_1^4}{d_1^2} \right)\left( \frac{d_2^2}{R_2^2 T_2^4} \right)}\)

Somma di magnitudini

Le magnitudini di due o più stelle NON si possono sommare direttamente, inoltre NON è possibile utilizzare delle proporzioni. In generale dato un qualsiasi numero di stelle vale la relazione:

\( m_{1+2+3+…} = - 2.5 \log{(10^{-0.4 m_1 } +  10^{-0.4 m_2 }  + 10^{-0.4 m_3 }+ …)} \)

Magnitudine assoluta

La magnitudine assoluta (M) di una stella (in generale di un corpo celeste) è definita come la magnitudine apparente che la stella avrebbe se si trovasse a una distanza di 10 parsec dall’osservatore. La magnitudine assoluta è una vera stima della luminosità; infatti una stella più luminosa di un’altra ha un valore di M più piccolo. 

Modulo di distanza

Esprimendo la distanza in parsec esiste una semplice relazione che lega m con M: 

\(M = m + 5 - 5 \cdot \log{d} \)

da qui possiamo definire il modulo di distanza come: 

\(m-M =  5 \cdot \log{d} - 5\)

È facile dimostrare dalla formula di Pogson che: 

\( M_1 - M_2 = -2.5 \cdot \log{ \left( \frac{R_1^2 T_1^4}{R_2^2 T_2^4} \right) } \) 

Magnitudine di una sorgente estesa (argomento richiesto solo per la finale nazionale)

Le relazioni sin qui fornite si riferiscono a oggetti puntiformi, come, data la loro grande distanza, possono essere considerate tutte le stelle.

La luminosità totale di una sorgente astronomica estesa, come ad esempio un pianeta, una galassia, un ammasso stellare o una cometa, sono espresse dalla loro magnitudine integrata, che si ricava a partire dalla magnitudine superficiale (msup), che indica la magnitudine di una porzione standard (di norma pari a  1 arcsec2) della sorgente estesa. Se un oggetto esteso ha msup uniforme, detta la sua area (espressa nelle medesime unità dell’area a cui si riferisce la msup) avremo:

\( m_{integrata} = m_{sup} - 2.5 \cdot \log{A} \)

Se un oggetto esteso e uno puntiforme hanno la stessa magnitudine, vuol dire che riceviamo da essi la stessa quantità totale di luce; tuttavia l’oggetto esteso sarà molto più difficile da osservare di quello puntiforme, poiché la sua luce è dispersa su un’area.

La magnitudine superficiale ci fornisce un’indicazione di quanto la sorgente estesa è facilmente osservabile in contrasto con la luminosità intrinseca del cielo.

La luminosità del cielo notturno allo Zenith nella banda V è  Vcielo ~21.9  mag/arcscec2


Ultime modifiche: venerdì, 26 febbraio 2021, 11:13